Un ragazzo di strada, Ebenezer Ariyie Acquah. Un ragazzo che, grazie al calcio, dalla strada si è tolto, coltivando un sogno che lo ha portato lontano. Lontano dal Ghana – fisicamente, non con il cuore –, lontano da una situazione di grande difficoltà che ha vissuto da bambino. È quasi per caso che, nel 2007, il centrocampista allora quindicenne prova a fare un salto in avanti, tentando l’iscrizione nella scuola calcio del Glentoran, club irlandese, fondata in Ghana da Antoh Forsythe, con l’obiettivo di scovare qualche giovane talento per la squadra europea.
Un obiettivo, in verità, non solo calcistico, ma anche umanitario, quello di Forsythe: fare in modo che i ragazzi più sfortunati del Ghana avessero la possibilità di mettersi in luce e, chissà, provare a vivere un’esperienza diversa. E così Acquah tenta la sorte, si fa notare, e ottiene lo speciale premio di vivere uno stage di due settimane in Irlanda, dove potrà intensificare il lavoro personale per provare a diventare un giocatore professionista.
Sam Robinson, il suo “host-father” (padre-ospite) irlandese, lo ricorda ancora come un “quindicenne di rara timidezza. Quando arrivò, non spiccicava quasi una parola di inglese, ma appena scendeva in campo, sapeva mettere in mostra tutto il suo talento, e abbinarlo a un’intelligenza calcistica davvero fuori dal comune”. Un biglietto da visita non da poco, una carriera in potenziale trampolino di lancio.
Acquah non molla, continua a sudare e a sacrificarsi per questo sogno. E dopo l’esperienza irlandese, torna in Ghana rafforzato, cambiato nel profondo. Nel 2008 riesce a ottenere il tesseramento presso i Mine Stars (piccola squadra ghanese che ora milita nella seconda divisione); poi, nel 2009, un ulteriore balzo in avanti con il tesseramento nelle giovanili del DC United, la squadra della capitale, che lo ingaggia dopo la parentesi estiva al Bechem United, che partecipa al Trofeo Nereo Rocco in Italia, facendosi notare dagli addetti ai lavori.
Sente di potercela fare, Acquah, e allora insiste. Fin quando Frederic Massara, collaboratore di Sabatini, all’epoca ds del Palermo, spinge affinché il club di Zamparini faccia l’offerta giusta e si assicuri le prestazioni del giovanissimo giocatore. Siamo nel 2010, il centrocampista ha quasi 18 anni, ma si sente pronto per cambiare completamente vita e tentare, espressione bistrattata nel mondo pallonaro granata, l’esperienza nel calcio che conta. Dopo un primo semestre nelle giovanili, viene notato da Delio Rossi, che nel febbraio 2011 decide di farlo esordire in Serie A. Acquah ce l’ha fatta, il suo sogno si è avverato, e la sua vita è cambiata.
Da allora, diventerà un giocatore sempre più importante: a Parma, soprattutto nel biennio 2013-2015, sarà un piccolo pilastro per la squadra di Donadoni (41 presenze), e grazie alle su prestazioni in Emilia potrà coronare un suo altro sogno, quello di vestire la maglia della nazionale ghanese, che ha salutato giovane, ma che non ha mai smesso di ricordare. E qui, un certo Mikel Essien, al quale spesso Acquah era stato paragonato, esalta tutte le sue caratteristiche, ritenendolo “uno dei giocatori pronti per diventare fondamentali per il Ghana del futuro”.
Mica poco, per un calciatore partito da zero, con tanti punti interrogativi davanti a sé. E che adesso è pronto a diventare una certezza per i tifosi del Toro, che confidano nella sua grinta (oltre che nelle sue doti atletiche e tecniche: dalla sua ha l’ottima capacità di inserimento e sa gestire bene le situazioni di non possesso palla) per far compiere al centrocampo un ulteriore salto di qualità.